19 Aprile, 2023
L’indennità corrisposta ai rider che utilizzano, su richiesta del datore di lavoro, la propria bicicletta o altro mezzo di trasporto, per effettuare le consegne, non concorre alla formazione del reddito imponibile ai fini Irpef. Il rimborso è infatti riferibile a costi sostenuti dal dipendente nell’interesse esclusivo del datore di lavoro. È, in sintesi, quanto precisa, l’Agenzia delle entrate con la risposta n. 290 dell’11 aprile 2023.
La società che sollecita il chiarimento è attiva nel settore del food delivery. Il proprio modello organizzativo prevede l’assunzione di rider con contratto di lavoro subordinato. In particolare, ha stipulato con le organizzazioni sindacali un accordo integrativo aziendale che prevede l’applicazione del Ccnl “Logistica, trasporto, Merci e Spedizione”.
Le assunzioni seguono due modalità differenti. Il quesito riguarda il rapporto in cui il rider effettua le consegne, su richiesta del datore di lavoro, con il proprio mezzo di trasporto.
La società, a copertura integrale e forfetaria di tutti i costi sostenuti versa al dipendente una indennità a titolo di “rimborso chilometrico”, determinata su criteri oggettivi e sulla rilevazione dei dati riguardanti il tipo di veicolo utilizzato. Nello specifico, per i ciclomotori il riferimento è al valore medio dei rimborsi chilometrici rilevabile dalle tabelle Aci, per le biciclette e le ebike allo stesso valore medio rideterminato in proporzione rispetto al costo dei veicoli.
La lunghezza dello spostamento è calcolata attraverso l’apposita app aziendale. L’indennità, precisa inoltre la società, spetta per l’effettuazione delle consegne e non per il tragitto che il rider deve seguire per raggiungere il punto di partenza, per farvi ritorno o per muoversi da e verso la propria abitazione.
Inoltre, il rapporto non prevede una sede di lavoro fisica, ma un “luogo di lavoro” che non è possibile determinare in quanto il lavoratore è in continuo movimento.
L’azienda evidenzia con particolare attenzione la “strumentalità” del mezzo di trasporto fornito dal dipendente, senza il quale l’attività non potrebbe essere svolta. Infine, attraverso uno schema esemplificativo, sottolinea come tale modalità comporti un risparmio per l’azienda rispetto ai costi che dovrebbe sostenere assegnando veicoli propri.
Ciò detto, l’istante chiede all’amministrazione finanziaria conferma del fatto che i rimborsi in questione non concorrano a formare reddito di lavoro dipendente per i lavoratori e che, quindi, non debbano essere assoggettati alle ordinarie ritenute fiscali, previdenziali e assistenziali.
Il dubbio concerne, in sostanza, l’applicazione o meno del principio di onnicomprensività previsto dall’articolo 51 del Tuir secondo cui, in linea generale, costituiscono reddito “tutte le somme e i valori che il dipendente percepisce nel periodo d’imposta, a qualunque titolo, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”.
Al riguardo, la circolare n. 326/1997 ha tuttavia precisato che non concorrono alla formazione del reddito le spese di competenza del datore di lavoro anticipate dal dipendente per esigenze operative. Un esempio sono gli agli acquisti di beni strumentali di piccolo valore, come la carta per la fotocopiatrice o le pile per la calcolatrice.
Successivamente, la risoluzione n.178/2003 ha escluso dall’imponibile le somme che non costituiscono arricchimento per il dipendente (ad esempio, gli indennizzi ricevuti a mero titolo di reintegrazione patrimoniale) e le erogazioni a esclusivo interesse del datore di lavoro.
Per quanto concerne, invece, il criterio di determinazione dell’ammontare delle spese rimborsate non imponibili perché sostenute dal dipendente per esclusivo interesse del datore di lavoro, la risoluzione n. 74/2017 ha chiarito che, nel caso in cui il metodo non sia stato definito dal legislatore, i costi devono essere individuati sulla base di elementi oggettivi e accertabili al fine di evitare che il relativo rimborso concorra alla determinazione del reddito di lavoro dipendente.
Tornando al caso dell’interpello, l’Agenzia riepiloga i termini del contratto stipulato da società e rider. In particolare, l’articolo 14 dell’accordo prevede una retribuzione oraria, cui deve aggiungersi un importo a titolo di accantonamento al Tfr, il premio di valorizzazione, le indennità aggiuntive e un “rimborso chilometrico”. Il rimborso spetta ai lavoratori che su richiesta dell’azienda effettuano le consegne con mezzi propri. È erogato a copertura integrale e forfetaria dei costi sostenuti per l’assicurazione, la manutenzione e la sicurezza del veicolo. L’importo è determinato automaticamente in base al percorso calcolato tramite servizi di mappatura e non è soggetto a contribuzione previdenziale. La società fa presente, inoltre, anche con esempi concreti, che la soluzione adottata è più conveniente per l’azienda rispetto alle spese che dovrebbe affrontare per fornire mezzi propri ai rider. Ai fini della risoluzione del quesito rileva, inoltre, che il mezzo di trasporto messo a disposizione dal dipendente è indispensabile per svolgere il lavoro e costituisce, per questo, anche uno degli elementi valutati ai fini dell’assunzione.
In definitiva, esaminati i termini e le caratteristiche della prestazione lavorativa, l’Agenzia ritiene che il “rimborso chilometrico” erogato ai rider che utilizzano il mezzo proprio, anziché quello aziendale, per svolgere la propria attività può essere considerato riferibile a costi sostenuti nell’interesse esclusivo del datore di lavoro e, quindi, non imponibile, ai fini Irpef, come reddito di lavoro dipendente in capo ai beneficiari.