Piergiorgio Ricchetti
14 Maggio, 2021
L’Agenzia delle entrate, con due distinte risposte fornite a seguito di specifiche richieste di interpello ha esaminato il caso degli eventuali rimborsi erogati dall’azienda ai propri dipendenti in smart working presso la propria abitazione, relativamente ai costi connessi all’uso di internet, al consumo della corrente elettrica, dell’aria condizionata o del riscaldamento , precisando che tali somme non sono imponibili ai fini IRPEF se i costi rimborsati sono:
– individuati oggettivamente sulla base di elementi, accertabili documentalmente;
– sostenuti dal dipendente nell’interesse esclusivo del datore di lavoro.
Nell’ambito della risposta n. 314 del 30.04.2021, è stato esaminato il caso di un datore di lavoro che intende concedere un rimborso pari a € 0,50 giornalieri ad ogni dipendente per compensare questi ultimi delle spese sostenute durante il lavoro prestato “da casa” prendendo in considerazione il consumo di energia elettrica di un computer e di una lampada, i costi connessi all’uso dei servizi igienici e un’ora di riscaldamento.
Tali costi, oltre ad essere oggettivamente quantificabili, si basano “su parametri diretti a individuare i costi risparmiati dalla Società che, invece, sono stati sostenuti dal dipendente” e di conseguenza ascrivibili all’esclusivo interesse del datore di lavoro.
A fronte del quesito posto dal soggetto istante, l’Agenzia riepiloga la normativa e la prassi di riferimento.
In primis, ricorda che l’articolo 51, comma 1, del Tuir, prevede che, in linea generale, tutte le somme che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore, anche a titolo di rimborso spese, costituiscono per quest’ultimo reddito di lavoro dipendente.
Riguardo la rilevanza reddituale dei rimborsi spese, con la circolare n. 326/1997 è stato affermato che, in generale, possono essere esclusi da tassazione i rimborsi relative a spese, diverse da quelle sostenute per produrre il reddito, di competenza del datore di lavoro, anticipate dal dipendente, ad esempio, per l’acquisto di beni strumentali di piccolo valore, quali la carta della fotocopia o della stampante, le pile della calcolatrice, eccetera.
La risoluzione n. 178/2003 ha approfondito il concetto della onnicomprensività di reddito di lavoro dipendente e ha chiarito che non rientrano nella base imponibile le somme che non costituiscono un arricchimento per il lavoratore, ad esempio gli indennizzi ricevuti a mero titolo di reintegrazione patrimoniale, e che non sono fiscalmente rilevanti, in capo al dipendente, le erogazioni effettuate per un esclusivo interesse del datore di lavoro.
Inoltre, la risoluzione n. 357/2007, ha precisato che le somme erogate per rimborsare i costi dei collegamenti telefonici non sono soggette a tassazione, poiché sostenuti dal telelavoratore per raggiungere le risorse informatiche dell’azienda messe a disposizione dal datore di lavoro e quindi poter espletare l’attività lavorativa. E tra l’altro, ha chiarito che il rimborso dei costi relativi ai collegamenti telefonici rientra in una ipotesi considerata dalla citata circolare n. 326 di rimborso di spese di interesse esclusivo del datore di lavoro anticipate dal dipendente.
Circa la modalità di determinazione dell’ammontare della spesa rimborsata, nella risoluzione n. 74/2017 viene affermato che, in assenza di un criterio definito dal legislatore per la determinazione della quota esclusa da tassazione, i costi a carico del dipendente nell’esclusivo interesse del datore di lavoro devono essere individuati sulla base di elementi oggettivi, documentalmente accertabili, per evitare che il relativo rimborso concorra alla determinazione del reddito di lavoro dipendente.
Sulla base di tali circostanze, l’Agenzia ritiene quindi corretto che la quota di costi rimborsati al dipendente sia riferibile a consumi sostenuti nell’interesse esclusivo del datore di lavoro e concorda con il contribuente, sostenendo che le somme erogate dalla società al fine di rimborsare il dipendente dei costi sostenuti attraverso le modalità rappresentate non sono imponibili ai fini Irpef.
Con la successiva risposta n. 328 dell’11 maggio 2021, l’Agenzia, in linea di continuità con quanto già indicato nella precedente risposta n. 314, precisa che i rimborsi corrisposti in maniera “forfetaria” ai dipendenti in smart working per i costi connessi all’uso di internet, al consumo della corrente elettrica, dell’aria condizionata o del riscaldamento concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente imponibile.
Più nel dettaglio, nell’ambito del quesito posto dal soggetto istante, viene previsto il rimborso, tramite appositi accordi pattuiti con il personale che svolge l’attività esclusivamente da remoto, di una somma pari al 30% dei costi effettivi documentati, addebitati al dipendente o al coniuge convivente, per la connessione a internet, il consumo della corrente elettrica, dell’aria condizionata o del riscaldamento. Si tratterebbe di indennizzi di natura risarcitoria a tutti gli effetti e non computabili ai fini degli altri istituti contrattuali e di legge compreso l’eventuale trattamento di fine rapporto.
L’Agenzia delle entrate, dopo aver ripreso la cornice normativa e di prassi già sopra richiamata, afferma che non sono rilevanti ai fini della determinazione della base imponibile del reddito di lavoro dipendente le spese del lavoratore, rimborsate in modo forfetario, soltanto se fissato per legge un criterio di determinazione della quota attribuibile all’esclusivo interesse del datore di lavoro (articolo 51, comma 4, lettera a), Tuir – utilizzo promiscuo di auto).
In mancanza di una regola, chiarisce la risoluzione n. 74/2017, l’irrilevanza fiscale dei rimborsi deve essere individuata sulla base di elementi oggettivi e documentalmente accertabili.
Non è così per i risarcimenti erogati dall’istante al personale che svolge la propria attività in smart working, erogati secondo un criterio forfetario, senza parametri oggettivi e una specifica disposizione di legge.
In conclusione, a differenza di quanto ipotizzato dalla società, le somme erogate al personale come rimborso per la connessione a internet, l’utilizzo di energia elettrica, aria condizionata e riscaldamenti, concorrono alla formazione del reddito imponibile di lavoro dipendente.
Soltanto l’applicazione di un metodo analitico per la suddivisione della spesa potrebbe far decidere in senso opposto.
Ciò significa definire con precisione, attraverso elementi documentali, la quota di costi risparmiati dalla società che, invece, sono stati sostenuti dal dipendente, così da poter stabilire il valore assoluto delle spese sostenute per esclusivo interesse della società.
14 Maggio, 2021