Buoni pasto agevolati anche per lo smart working

Piergiorgio Ricchetti

15 marzo, 2021

Nel corso di questi mesi, nell’ambito dei quali si è assistito, obtorto collo, ad un esponenziale aumento del ricorso allo smart working a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia in corso, ci si è spesso domandati su quale sia il corretto trattamento fiscale cui sottoporre i servizi sostitutivi delle somministrazioni di vitto ai dipendenti che svolgono l’attività in modalità di “lavoro agile”.

 

L’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 123 del 22 febbraio 2021, risponde all’istanza posta da un ente bilaterale – che per arginare la diffusione del Coronavirus e limitare i contagi all’interno degli ambienti lavorativi, da aprile 2020 ha introdotto lo smart working come prestazione lavorativa per i propri dipendenti – precisando che i buoni pasto assegnati ai “lavoratori agili” in sostituzione del servizio mensa non concorrono, salvo eccezioni, alla formazione del reddito di lavoro dipendente e, conseguentemente, il sostituto di imposta non è tenuto a operare la relativa ritenuta d’acconto Irpef secondo quanto previsto dall’articolo 51, comma 2, lettera c) Tuir).

 

L’Agenzia ricorda che la norma esenta dall’imposta sui redditi, per intero o in parte, la somministrazione diretta (anche tramite terzi) dei pasti, o anche le indennità o le prestazioni sostitutive della mensa come i buoni pasto, esenti fino a 4 euro giornalieri se cartacei, fino a 8 euro se elettronici.

Scopo dell’agevolazione è detassare le erogazioni ai dipendenti finalizzate a soddisfare le esigenze alimentari del personale che durante l’orario di lavoro deve consumare il pasto.

Dalla lettura della norma emerge, come precisato anche con la risoluzione delle entrate n. 118/2006, che i buoni pasto possono essere corrisposti con molta elasticità.

Il datore di lavoro può assegnarli ai dipendenti assunti sia a tempo pieno che a tempo parziale e anche se l’articolazione dell’orario di lavoro non prevede una pausa per il pranzo. Confini così ampi sono determinati dalla consapevolezza che sempre più stanno affermandosi forme lavorative flessibili.

L’Agenzia osserva che pur non essendo la disposizione riportata dall’articolo 4 del Dm n. 122/2017 di natura tributaria, essa assume rilevanza fiscale dal momento in cui fa riferimento alle stesse prestazioni sostitutive del servizio mensa, considerate esenti dall’articolo 51, comma 2, lettera c), del Tuir.

L’Agenzia osserva inoltre che la mancanza di vincoli alla possibilità di erogare buoni pasto da parte del datore di lavoro, fa ritenere che, a prescindere dall’orario e dalle modalità di lavoro attuate, a tali prestazioni sostitutive del servizio di mensa possa essere applicato il regime di parziale imponibilità previsto dalla lettera c), comma 2, dell’articolo 51 del Tuir.

In estrema sintesi, quindi, i ticket non concorrono alla formazione del reddito di lavoro indipendente, di conseguenza l’istante non deve operare alcuna ritenuta alla fonte Irpef sul valore dei buoni pasto fino a 4 euro, se cartacei, ovvero 8 euro se elettronici, anche se erogati a lavoratori in smart working.

piergiorgio.ricchetti

Piergiorgio Ricchetti
Vice Direttore presso FIASA, Direttore CEIP Scpa. Il mio ruolo...