Matteo Mazzini
7 Agosto, 2020
Riguardo alla diffusione del virus SARS-CoV-2, è importante ricordare quanto la qualità dell’aria indoor e il microclima possano essere due fattori chiave nella “trasmissione di infezioni e nei modelli epidemiologici stagionali negli ambienti indoor”.
Favorire il ricambio d’aria in questi ambienti diventa dunque fondamentale per garantirne la salubrità. Dove non sia possibile avvalersi della ventilazione naturale, occorre “installare apparecchi di ventilazione forzata, che esigono una manutenzione appropriata soprattutto se si trovano in ambienti dove sussistono condizioni di aumentato pericolo di diffusione di malattie”.
A questo proposito il Rapporto ISS COVID-19 n. 33/2020 (“Indicazioni sugli impianti di ventilazione/climatizzazione in strutture comunitarie non sanitarie e in ambienti domestici in relazione alla diffusione del virus SARS-CoV-2. Versione del 25 maggio 2020”) si sofferma proprio sul tema della qualità dell’aria.
Il Rapporto, ricorda che “gli impianti di climatizzazione e di ventilazione possono mitigare o acuire il rischio di contagio aerogeno”, incrementando la gittata delle goccioline o determinando lo spostamento dell’aerosol verso una diversa porzione dell’ambiente.
È importante inoltre sottolineare che la gestione dell’impianto di climatizzazione e di ventilazione deve essere adeguata alle caratteristiche dell’impianto e alla modalità d’uso degli ambienti. Di fatto, gli impianti installati devono essere oggetto di una regolare manutenzione e pulizia, conformemente alla normativa vigente in materia.
Tuttavia “deve essere tenuta in considerazione e valutata una matrice di rischio per la trasmissione di SARS-CoV-2, attraverso tali impianti, che si basa su criteri epidemiologici correlati a:
– stato di diffusività tra la popolazione del virus (Rt) in una data Regione
– tipologia di occupanti gli ambienti climatizzati in riferimento al DM Salute 30/04/2020;
– possibilità che nell’ambiente possa esserci la presenza di persone provenienti da altre Regioni/Province Autonome, anche transitoriamente.
Attraverso questi criteri è possibile costruire “una matrice di rischio ambientale che possa tenere conto del grado di rischio in funzione dell’utilizzo dell’ambiente e della potenziale presenza di un soggetto positivo al SARS-CoV-2”.