La spesa sanitaria rimborsata dal datore di lavoro concorre al reddito di “dipendente”

Piergiorgio Ricchetti

26 luglio, 2019

L’Agenzia delle entrate, a fronte di una specifica richiesta di interpello (n. 285/2019) ha precisato che – nel caso in cui un’azienda (tra i servizi assistenziali previsti dalla contrattazione integrativa) rimborsi ai propri dipendenti una percentuale delle spese mediche debitamente documentate e sostenute dai lavoratori in anni precedenti a quello del pagamento di tale “sovvenzione” –  tale contributo costituisce un reddito di lavoro dipendente e di conseguenza deve essere sottoposto a ritenuta d’acconto dell’Irpef, con obbligo di rivalsa.

 

L’Agenzia giunge a tale conclusione interpolando la previsione contenuta nel comma 1 dell’articolo 51 del Tuir che fa confluire nel reddito di lavoro dipendente tutte le somme corrisposte, a vario titolo anche di rimborso spese, al lavoratore in relazione al rapporto contrattuale con la circolare n. 326/1997 in cui viene precisato che sono riconducibili all’ipotesi prevista dal citato comma 1 dell’articolo 51 anche i rimborsi effettuati dal datore di lavoro relativi alle spese sanitarie che danno diritto alla detrazione d’imposta del 19% (articolo 15 del Tuir), sostenute dal dipendente.

Nell’ambito dell’interpello in esame, l’Agenzia ha altresì chiarito che:

 

  • non potranno essere attribuite ai dipendenti le detrazioni Irpef spettanti per le spese mediche, visto che il lavoratore ha già usufruito dell’agevolazione in occasione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui la spesa medica è stata sostenuta (articolo 15, comma 1, lett. c) Tuir).

 

  • quanto alla possibile ipotesi di applicazione della tassazione separata, l’Agenzia precisa che si tratta di un istituto utilizzabile, in sede di dichiarazione dei redditi, dal contribuente, e non dal sostituto, in relazione agli oneri per i quali ha fruito della deduzione dal reddito complessivo o della detrazione dall’imposta lorda e che gli sono stati successivamente rimborsati. Tuttavia, rispetto al caso in esame, considerato che sia le sovvenzioni ricevute che le spese mediche sono rimaste a carico del lavoratore, quest’ultimo ha diritto a fruire della detrazione delle spese mediche e, pertanto, non deve assoggettare a tassazione separata i relativi rimborsi erogati dal datore di lavoro.

 

Una riflessione spontanea che emerge dalla risposta dell’Agenzia riguarda la penalizzazione, sia per il dipendente che per l’azienda, nel caso di rimborso diretto delle spese sanitarie attraverso un contributo da parte del datore di lavoro.

Nel caso del dipendente, l’incremento di reddito complessivo tassabile in busta paga, determina un differenziale tra la detrazione goduta (19%) e la tassazione del rimborso (Irpef e addizionali), riduce le detrazioni spettanti per carichi di famiglia e di lavoro, aumenta l’Isee e può infine mettere in discussione il diritto a percepire il cd bonus Renzi.

Per l’azienda, la “sovvenzione” in questione, costituendo un maggior reddito per il proprio dipendente, genera un incremento contributivo a carico della stessa che determina conseguentemente un maggior costo del lavoro.

Per ovviare a tutto ciò il datore di lavoro potrebbe stipulare una polizza sanitaria.

 

 

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Piergiorgio Ricchetti
Vice Direttore presso FIASA, Direttore CEIP Scpa. Il mio ruolo...